La giornata di oggi è dedicata ad un romanzo che merita tutta la vostra attenzione. Sto parlando de La vita lontana di Paolo Pecere, edito da LiberAria Editrice.
Siamo a Roma: è qui che Elio e Dora vivono e condividono la loro vita matrimoniale. Dora è una donna degli studi umanistici, che affianca le poche certezze sul mondo alla letteratura, che si appresta a diventare madre in punta di piedi, con mille paure. Elio è un uomo totalmente diverso, votato alla ragion politica, consapevole dello stato di degradazione in cui imperversa il mondo e in grado di analizzarne ogni aspetto con precisione chirurgica.
In questa opposizione caratteriale e di identità la storia prende piede. Ed è qui che vanno a collocarsi i gemelli, Marzio e Livio, sin da subito diversi. Assistiamo alla loro crescita e ai loro cambiamenti, li vediamo diventare adulti – o quasi – mentre Dora osserva, preoccupata, l’incalzare della vita e della sua sofferenza.
Un evento di sicuro si pone come punto di rottura rispetto al passato: nel momento in cui le posizioni diventano inconciliabili, Elio sceglie di abbandonare il tetto coniugale e di percorrere un cammino che ha tutto l’aspetto di una redenzione spirituale. Ma questo non basta. È una chiara dichiarazione di fallimento, di resa. Lo è per Dora, perlomeno. Questa donna vede andare via suo marito, in India, e si appresta a fare i conti con una vita più complicata, in cui ciò che credeva di aver maturato – in fatto di consapevolezza – rispetto ai suoi figli è in realtà soltanto un’elaborazione superficiale, poco veritiera.
Tantissimi sono gli aspetti di questo romanzo che meritano di essere considerati. Innanzitutto, la scelta dell’autore di un punto di vista femminile: sorprende la padronanza dell’universo femminile, l’acume con il quale sviscera il rapporto madre-figli, la gentilezza nel raccontare la sofferenza, il contegno per parlare di dolore. Non credevo potesse essere possibile, e invece Paolo Pecere ha centrato il segno.
La vita lontana rappresenta una parabola, una sorta di cammino che tutta l’umanità è destinata a percorrere. Non soltanto Marzio e Livio, ma tutti noi facciamo i primi passi in un mondo contraddittorio, impariamo il significato delle parole essenziali per sopravvivere (o per soccombere): famiglia, viaggio, libri, filosofia, pace, guerra, fratellanza, invidia, e ancora tante altre. Ma l’imparare questi significati non vuol dire padroneggiare il vocabolario, e tutto inesorabilmente vacilla davanti ad una nuova parola.
La vita lontana è storia di partenze e di ritorni continui, come all’interno di una spirale di cui non si riconosce né l’inizio, né la fine. Il cambiamento delle coordinate geografiche, che in alcuni punti del romanzo sembra dare aria alla storia, in realtà la soffoca volutamente, perché claustrofobico è l’ambiente psicologico in cui i personaggi si muovono.
La vastità degli spazi e l’impossibilità di muoversi liberamente, le enormi ambizioni per il destino del mondo e l’incapacità di portare a termine il compito più semplice, vivere la propria vita. Questo e molto altro è La vita lontana.
Giovanna Nappi