I dolori della guerra sono in grado di trasformare anche l’uomo dal carattere più equilibrato. Quello che la costante vista della morte, della disperazione, della rassegnazione ad una fine inevitabile è in grado di fare alla psiche, non può essere previsto.
Tutto ciò che ci resta da fare è assistere impotenti alle conseguenze che tante brutture provocano, raccogliere i cocci e rimettere insieme ciò che resta. Se tutto va bene e ci resta qualcosa da rimettere insieme, qualcuno da accogliere e sostenere nel lungo processo di ripresa.
Ma non tutte le guerre lasciano un gran numero di superstiti; non tutte le guerre annoverano fra le vittime solo ed esclusivamente i sostenitori della fazione nemica. Spesso, troppo spesso, i finali più brutti sono riservati alle menti più brillanti, a chi come unica colpa ha quella di non rientrare nelle categorie protette da questo o quel regime.
Quello che ha fatto il nazismo con la deportazione di ebrei, minoranze etniche, omosessuali, malati senza distinzione fra donne, bambini, anziani o uomini, tutti ugualmente colpevoli di essere nati “sbagliati”, lo abbiamo studiato sui libri di scuola e sappiamo bene come non abbia lasciato scampo a nessuno.
La storia raccontata nel graphic Charlotte Salomon, i colori dell’anima di Ilaria Ferramosca e Gian Marco De Francisco edito Beccogiallo è quella dell’artista tedesca Charlotte Salomon figlia di un medico e di un’aristocratica, morta a soli ventisei anni ad Auschwitz ed esponente dell’espressionismo tedesco.
L’artista ha come tratto distintivo quello di utilizzare come metodo pittorico il guazzo e nel graphic, lo stile della pittrice è stato totalmente rispettato. Ogni momento della sua vita risulta narrato con chiarezza, la scelta dei colori prevalentemente primari come quelli tanto amati dalla Salomon, fanno sì che durante la lettura, si possa immaginare di essere in un immenso lungometraggio acquerellato, sospesi nella storia, fra biografia e invenzione ma avendo ben presente quanto terribile sia ciò che si sta leggendo.
La vita di Charlotte è stata interrotta troppo presto, ma neanche nei pochi anni in cui ha vissuto, ha avuto pace. Una vita circondata da familiari con disturbi psichici, una vita vissuta sotto l’ombra dei numerosi suicidi avvenuti nella sua famiglia, suicidi che l’hanno provata, fatta sentire minacciata e vulnerabile.
Nonostante lo spettro della grande guerra sia un eco distante, lo si avverte come un soffio minaccioso e sempre più vicino.
È un’opera che fa riflettere, commuovere e che porta alla ribalta la vita e l’opera di una pittrice, credo fermamente, sconosciuta ai più. Io stessa ho cercato i suoi dipinti dopo aver terminato la lettura del graphic e ne sono rimasta positivamente colpita. Si avverte la sua mano ancora forse acerba, ma anche la tragica lotta interiore fra la consapevolezza che forse il suicidio sarà la sua fine (come afferma il nonno in una tavola “è tutta questione di geni”) e la voglia di non arrendersi e sottostare ad un destino già segnato.
Nicole Zoi Gatto