Che tutti siamo destinati a morire, è una verità universalmente riconosciuta. Che si debba morire per uno sbaglio burocratico ad opera del Sistema che governa chi vive e chi muore, è un po’ meno accettabile. E’ così che si apre la vicenda di Flavio, il protagonista di Bisesto di Andrea Vismara, edito Spartaco Edizioni.
Durante una serata a base di musica e alcool, Flavio si trova faccia a faccia con una donna affascinante, cui è impossibile resistere. Ed in effetti non resiste, e trascorrerà con lei una notte di fuoco e passione, per scoprire solo al termine del divertimento che la femme fatale altri non è se non la Morte in persona, giunta al suo cospetto per riscuotere una vita. Un errore imperdonabile di cui lui non è responsabile, certo, ma al quale Flavio deve sottostare, volente o nolente.
Si apre così la strampalata vicenda raccontata da Vismara: davanti ad un calcolo sbagliato, la Morte deve riscuotere il nome di un essere umano, e per farlo sottopone ai due “pretendenti” (o malcapitati che dir si voglia) una sorta di quiz a tappe. In un itinerario tra alcuni dei più celebri cimiteri d’Italia, il primo che sarà in grado di rispondere alla domanda della Morte avrà salva la vita. Cosa potete fare voi umani per sconfiggere la morte? Peccato che né il lettore, né Flavio, sappia da dove partire, né tantomeno chi sia il rivale da battere.
Flavio è l’italiano medio, se mi è permesso spingermi in giudizi personali. Ha covato a lungo ambizioni di fama legate all’esistenza (o sopravvivenza?) de La Carcassa, band che ha riscosso una certa dose di successo trent’anni prima e che Flavio sta tentanto di riesumare per un’ultima volta al momento della narrazione. E’ un uomo che si concede numerose sbronze, gestite male nella maggior parte dei casi, e alcune avventure, l’ultima delle quali gli è costata parecchio. Niente di lui ci sorprende, nemmeno quando è messo di fronte all’eventualità di morire, nemmeno quando intraprende questo viaggio alla ricerca di risposte che pare incapace di trovare.
La percezione che si ha leggendo Bisesto è che occorra mettere da parte ogni pretesa: la pretesa di aspettarsi da Flavio qualcosa in più di quello che fa; la pretesa di capire, assieme al protagonista, cosa nascondano quei cimiteri e quei sepolcri; la pretesa di trovare una spiegazione laddove lo scrittore ha scelto di non darne.
Questo tacito patto tra autore e lettore permette di accettare tutte le stranezze della storia senza meravigliarsi, o storcere il naso, anzi: ciò che leggiamo è plausibile, reale. Sono reali le statue, la Morte, la falce, tutto.
Ad arricchire il senso di realtà del romanzo, interviene il peso delle scelte di Flavio: la sua graduale consapevolezza, inesistente in apertura del romanzo, germoglia man mano che le tappe fra i cimiteri si susseguono.
“Che fine ha fatto il ragazzo che abitava questo corpo?”
[…]
Questa è la verità: sono vittima e carnefice della mia stessa anima, e ciò che è morto resta morto. Forse dovrebbe farlo anche il corpo, forse questa gara devo perderla, forse…
Ma la semplicità narrativa di questo romanzo sta anche nel fatto che, pure davanti a momenti di accorato sentimento, nulla risulta appesantito. Con Bisesto Vismara plana con leggerezza anche sulle questioni più importanti, strappando un sorriso pure davanti alla Morte.
Giovanna Nappi