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Stoner, un uomo qualunque

«William Stoner si iscrisse all’Università del Missouri nel 1910, all’età di diciannove anni. Otto anni dopo, al culmine della prima guerra mondiale, gli fu conferito il dottorato di ricerca e ottenne un incarico presso la stessa università, dove restò a insegnare fino alla sua morte, nel 1956. Non superò mai il grado di ricercatore, e pochi studenti, dopo aver frequentato i suoi corsi, serbarono di lui un ricordo nitido. Quando morì, i colleghi donarono alla biblioteca dell’università un manoscritto medievale, in segno di ricordo. Il manoscritto si trova ancora oggi nella sezione dei “Libri rari”, con la dedica: «Donato alla Biblioteca dell’Università del Missouri in memoria di William Stoner, dipartimento di Inglese. I suoi colleghi.»

Può capitare che qualche studente, imbattendosi nel suo nome, si chieda indolente chi fosse, ma di rado la curiosità si spinge oltre la semplice domanda occasionale. I colleghi di Stoner, che da vivo non l’avevano mai stimato gran che, oggi ne parlano raramente; per i più vecchi il suo nome è il monito della fine che li attende tutti, per i più giovani è soltanto un suono, che non evoca alcun passato identità particolare cui associare loro stessi o le loro carriere.»

Un’epigrafe usata in apertura: è così che John Williams ci introduce al protagonista del suo romanzo, Stoner.

Stoner

È come se ci dicesse: sia messo agli atti che questo è ciò che leggerete, non aspettatevi di più. Ed è a partire da questo patto che il lettore può iniziare a conoscerlo.

Non deve sorprendere l’uso che farò del verbo passato per descrivere questo personaggio: mi sono imbattuta in lui quando il cerchio della sua vita era già concluso; non ho potuto sperare che le cose prendessero una piega migliore di quella che è stata; ho dovuto accettare quanto l’autore mi aveva anticipato.

È forse per questo che ogni vicenda che l’ha riguardato e che è stata raccontata in questo libro ha avuto un sapore diverso rispetto alle migliaia di altre storie già dette. E dunque:

William Stoner fu un uomo dalle poche pretese, radicato alle origini familiari ma bisognoso, come tutti gli uomini, del mondo esterno. Fu un uomo semplice e diligente, ligio al dovere e grato delle cose che possedette. Un uomo che nutrì fiducia negli altri, anche se non incontrò sempre volti amici. Fu un uomo perbene, come si dice di qualcuno che conosciamo poco ma che emana una bontà d’animo quando lo incontriamo per strada.

L’ho capito subito, di che pasta era fatto. L’ho capito davanti alla prima grande decisione della sua vita: lasciarsi alle spalle la fattoria, la famiglia, per studiare letteratura.

Già qui Williams crea un legame con il lettore: è come se l’oggetto-libro, che è per noi il mezzo per accedere alla storia di Stoner, nello stesso modo fu per Stoner la chiave per iniziare la sua storia.

Ma Williams fa di più, ci mostra un dubbio, un’incertezza. Fu forse la scelta sbagliata? I sensi di colpa, che per un istante lo imbrigliarono al passato proprio nel momento di maggiore slancio, sono ciò che lo rendono così dannatamente umano, quindi indimenticabile, come personaggio.

Ciò che accade è quel processo di ribaltamento della realtà per mano della letteratura, quando la normalità è nobilitata ed eretta a fatto eccezionale e un personaggio, che nella vita avremmo snobbato, nel romanzo assume le fattezze dell’eroe.

Ma è un eroe anticonformista, che trova la sua ragione d’essere nell’opposizione silente ai grandi accadimenti della Storia: Stoner condusse un’esistenza privata, intima, monotona, intervallata da alcune gioie, molte delusioni. I confini ristretti del campus universitario dove prima studiò, poi insegnò, segnarono i limiti della sua esistenza.

In questa dialettica tra pubblico e privato, resa magistrale da una scrittura asciutta, Williams riproduce un universo quotidiano che facilita al lettore l’immedesimazione.

Per essere grandi non serve realizzare grandi imprese, è vero. Se gli annali non lo ricordarono dopo la sua morte fu proprio perché non rispecchiò in nessun modo il modello esemplare tradizionale cui siamo abituati.

John Williams

Fa sorridere il fatto che le stesse sorti del libro abbiano seguito quelle del suo protagonista. Stoner fu pubblicato nel 1965 senza ricevere grandi apprezzamenti (furono vendute solo duemila copie).

Fu riscoperto soltanto nel 2003 dalla casa editrice Vintage Classics e pubblicato di nuovo, nel 2006, dal New York Review of Books Classics. Soltanto allora ricevette un’eco considerevole per diventare, finalmente, un bestseller. In Italia è arrivato soltanto nel 2012 con Fazi Editore.

Giovanna Nappi

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