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Nova, ovvero l’apologia della violenza

«A cosa pensa un uomo appena si sveglia? Cosa gli recapita la connivenza d’inconscio e realtà? Qual è l’oggetto delle sue prime, confuse meditazioni mentre tenta di recuperare la potestà sul vero? Quali le immagini, i suoni, i bisbigli, i tumulti nella sua testa? Probabilmente riflette su di sé, o sulla donna che gli dorme accanto. Forse pensa ai figli. Oppure ai genitori, all’amante, alla colazione, a un amico in difficoltà, al mal di schiena, alla politica, ai contrattempi professionali, alla macchina nuova in leasing che gli ha proposto il suo concessionario, a Dio, ai gol della sera prima, alla casa in campagna, alle vecchie ambizioni arenatesi chissà dove, alle caviglie di una collega, ai film di Christopher Nolan, alla mozione di coito avanzata dalla fugace libidine dell’erezione mattutina.»

E a cosa pensa Davide, protagonista di Nova, l’ultimo romanzo di Fabio Bacà (Adelphi)? È un neurochirurgo sposato, con un figlio e tre animali. Potrebbe, dunque, pensare alla donna che gli dorme a fianco, all’operazione che dovrà portare a termine in ospedale, oppure a cosa?

Davide pensa alla morte. Lo dichiara senza giri di parole Bacà: sappiamo che accade poco dopo le sei del mattino e che non è frutto di pazzia o depressione. È un fatto, come potrebbe essere l’abitudine di fare stretching appena alzati, o di scorrere le notifiche dello smartphone mentre si è appollaiati sulla tavoletta.

Nova

Il fatto incontrovertibile non è – vedremo – privo di conseguenze, ma neppure così scandaloso. È un pensiero che si insinua nella testa di Davide e che si manifesta, tra l’altro, in forme imprevedibili: dalla dipartita di persone vicine, come amici o parenti, a quella di personaggi famosi per arrivare, addirittura, al crollo dell’Impero Romano d’Occidente.

Il modo in cui questi primissimi minuti di veglia condizioneranno l’esistenza di numerose persone è il punto focale di Nova, un libro sorprendente – sebbene il termine sia stato ahinoi abusato in lungo e in largo specie quando si parla di prodotti culturali come i libri. È sorprendente perché, innanzitutto, inusuale per la sua commistione tra forma e contenuto. Bacà avrebbe potuto tranquillamente scrivere, con i mezzi espressivi di cui è palesemente dotato, un trattato sulla storia scientifica delle formiche o una dissertazione filosofica sul senso della vita. Il punto è che conferisce una cifra letteraria a tratti lirica alla sua opera al punto che, quando si scopre quale sarà lo sviluppo dei fatti, si resta di stucco e si pensa: «Ma guarda un po’ che modo soave di parlare di cose così terrene».

Di cose terrene, in effetti, Nova è pregno. Davide, dicevamo, è un neurochirurgo con una vita tutto sommato ordinaria, fatta eccezione, forse, per il nome dei suoi animali domestici – Fred Flinstones (il Jack Russell), Epaminonda e Kociss (i gatti). Deve certo fare i conti con un datore di lavoro non proprio eccezionale e con un vicino di casa abbastanza noioso, ma nulla di straordinario in confronto alle beghe dell’uomo medio.

Come nel più tradizionale viaggio dell’eroe, è necessario che il protagonista affronti una serie di ostacoli per compiere ciò che è destinato a compiere. E che incontri dei personaggi, lungo il cammino, che ne devieranno il percorso. L’incontro, in effetti, avviene: Davide deve incontrarsi con sua moglie, Barbara, in un ristorante; giunto all’ingresso del locale, mentre si accinge ad avvicinarsi assiste inerme alle molestie di un cliente ubriaco, che inizia a importunare Barbara. Non interviene, e in questa sua fissità anche fisica si rivela l’essenza dell’uomo, incapace di agire. Interverrà, però, un altro uomo, uno sconosciuto, a mettere a posto l’aggressore.

Si innesta, a partire da questo momento, una catena di eventi incontenibili sulla pagina: la ricerca dell’identità di questo sconosciuto trasformerà quella paralisi nella peggiore forma in cui la violenza può manifestarsi negli individui. Il climax è così ben calibrato da far invidia a Palahniuk, cui forse il libro potrebbe essere paragonato per certi versi. In comune con Fight Club, Nova ha quella spinta esplosiva e rivelatrice: è il paradosso dell’insensatezza della vita, ma anche la continua lotta tra ciò che è umano e ciò che è animale. In ogni persona può celarsi il più spietato individuo, e sorprendersene è da sciocchi.

«La società moderna reprime gli istinti che non comprende o che non le fanno comodo. Inibisce l’aggressività individuale perché ritiene che confligga con l’idea di civiltà.»

Bacà
Fabio Bacà (Credits: trani.news24.city)

Ma l’eccezionalità di Bacà non sta qui tanto nel portare in luce una denuncia sociale, è piuttosto la messa in scena del gioco continuo tra dramma e commedia cui si assiste inermi, senza soluzioni o strumenti interpretativi.

Giovanna Nappi

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