Macchie di muffa sulla base.
Privo non solo di protezione, ma anche del supporto inferiore: lampione nudo e indifeso.
Sebastiano crea mappe, mappe di lampioni. Li cataloga, li osserva, li imbriglia nelle pagine delle schede della Electric Sole (l’azienda per cui lavora), li trasforma in poesia. Dall’alto del suo cestello, Sebastiano svetta tra i paesi, tra i pensieri, solo con i suoi lampioni, guarda lontano. E può tracciare la sua mappa per guarire.
Il Censimento dei Lampioni di Carmelo Vetrano edito Laurana Editore è il processo di somatizzazione e guarigione di Sebastiano, diviso dal dolore per suo padre Bruno e la fine del suo matrimonio con Magda. La dicotomia di Sebastiano sta tutta qua, tra un padre che sparisce dalla sua vita, da quella di sua madre e sua sorella, con un passato da nascondere, e un presente sbagliato, e la sua (quasi) ex moglie Magda, tramutata in un’altra Magda, distante e passiva, che ha scelto di stare con Bruno.
Sebastiano è lacerato, indifeso come quei lampioni che osserva e classifica giorno per giorno. Bruno e Magda lo hanno strappato lasciandolo vuoto e silenzioso. Nemmeno andare via, è servito a far rimarginare quella ferita che ora pulsa.
Sebastiano di ritorno da Berlino, trova lavoro presso la Electric Sole dove registra i lampioni di diversi paesini del Salento. Sul campo con lui, però, c’è suo padre, e a complicare il tutto Sebastiano ora sa che Magda e Bruno hanno una relazione. Sebastiano si rifugia quindi nel suo cestello meccanico che ogni giorno, incessantemente, lo porta su dai suoi lampioni, il suo rifugio.
Gli attriti tra i miei genitori vaporizzavano, senza scomparire; si mimetizzavano con l’aria e la otturavano. La stessa, ovvio, che poi respiravamo.
Tra Sebastiano e i suoi genitori c’è un non detto che aleggia, in cui sua madre non si spinge e suo padre fugge. Sebastiano non comprende, o meglio non vuole farlo, la reale motivazione della separazione dei suoi genitori che lo dilania (riuscirà a rimettere insieme i pezzi solo più tardi). Sebastiano è solo un ragazzo quando suo padre lo abbandona e da allora mette un muro tra sé e Bruno, limitandosi a stare il più lontano possibile dalla famiglia. Il distacco rimane una cicatrice che pulsa ogni volta che è a contatto con lui. Una cicatrice che diventa voragine quando Magda vi affonda.
Che mio padre se ne fosse andato di sua volontà e si facesse vedere molto poco, non aveva molta importanza, erano solo dettagli che non modificavano il mio stato di famiglia interiore. Ero rimasto sorpreso quando una volta Magda aveva elencato alcune somiglianze tra me e mio padre. In quel momento avevo capito quanto fosse difficile modificare il proprio carattere, o fingere che sia diverso da quello che è. Se mi dispiacesse o meno non riuscivo a rendermene conto, però mi sentivo frustrato: i tentativi fatti per diventare una persona diversa da lui non avevano funzionato.
Sebastiano si trova a dover fare i conti con se stesso e con il riflesso di suo padre, con la sua vicinanza a lavoro e con quello che li accomuna. Sebastiano deve tornare a imparare chi sia, ancora una volta. Come una necessaria e dolorosa terapia, le mappe dei lampioni diventano il suo sfogo, la sua consapevolezza, il suo percorso di redenzione. Sebastiano si perdona, impara a scegliere per se stesso, smettendo di lottare per un rapporto diverso che credeva di poter avere ma che non avrà mai, si rassegna a suo padre, alle sue somiglianze, ai suoi errori. Decide di mettere un punto e andare avanti.
I lampioni diventano i suoi spazi. Lisa, un’artista che crea mappe concettuali capaci di esprimere i sentimenti legati al passare del tempo e alle giornate, diventa sua complice. Il mettere su carta quelle immagini, quegli aggettivi che descrivono i lampioni ma che alla fine parlano di lui, gli permette di avere un nuovo punto di vista, di vedere tutto a distanza e per poi avvicinarsi per prendere coscienza di sé.
Riuscivo a intraveder i pericolanti ponteggi su cui transitavano le frasi di mio padre un attimo prima di essere spinte al di là delle labbra.
Carmelo Vetrano si rivela essere un talento della scrittura. Le parole si fanno strada sul foglio, prendendosi i loro spazi, vorticano tra la luce e il buio, dando corpo a un ritmo incalzante che sa dove colpire. I personaggi, Sebastiano, Bruno, Magda, Lisa, Ronzino (il capo della Electric Sole) hanno tutti una loro voce che li contraddistingue. Basterebbe un solo accenno o gesto per poterli già riconoscere.
Il dolore era arrivato senza annunciarsi e si era preso tutto lo spazio a disposizione. Non faceva rumore, non si faceva vedere, non aveva odori, però aveva questa capacità di amplificare i ricordi anche se non volevi più averci a che fare; li rendeva così nitidi e rumorosi fino al punto di rendere il tempo presente una condizione dell’esistenza pallida e priva di attrattiva.
Vetrano con grande maestria riesce a dare vita ai sentimenti, a plasmare le parole per renderle vicine a ognuno di noi, con precisione diretta arriva al punto e rimarca, lasciandoci soli a riflettere sul loro peso.
Vetrano racconta poi una Puglia insolita, scandagliata dalle mappe dei lampioni, dalle strade che Bruno e Sebastiano solcano ogni giorno, un Salento silenzioso che fa da sfondo al protagonista e alla sua riabilitazione interiore. È il mare a venir fuori prorompente, senza fronzoli, per schiarire le idee. Mai banale Vetrano nel raccontare i luoghi e gli spazi del romanzo, e formidabile nell’andare avanti e indietro nel tempo per farci conoscere la storia di Sebastiano. Una storia fatta di amore, silenzi, rimpianti e perdono.
Se mi mettevo sulla stessa linea d’aria dei pali per guardarne l’allineamento, mi accorgevo che almeno uno, sempre, era fuori posto, e sporgeva da un lato o dall’altro. Poi muovevo la testa a destra o a sinistra, nella speranza che quel palo scompaginato si riallineasse; non solo non succedeva, ma avevo l’impressione che si spostasse ancora di più, come lo facesse apposta. Mi rimettevo a lavorare e quel palo continuava a muoversi avanti e indietro nella mia testa, anche se non c’era più nessuna fila da rispettare. Stava lì e chiedeva la mia attenzione, e non si spostava soltanto, ma si piegava; quasi si contorceva.”
Il Censimento dei Lampioni diventa il censimento di Sebastiano. È la sua lenta guarigione che pian piano, lampione dopo lampione, richiude la sua ferita, lasciando spazio alla voglia di ricominciare e andare avanti. È il prendere consapevolezza che chi ci ama lo fa a suo modo, che ci serve tempo per elaborare il dolore. Il Censimento dei Lampioni è un viaggio alla ricerca di sé.
Ilaria Amoruso