Quando ho visto che razza di oscura, orrenda barzelletta era il mondo sono diventato matto come una campana. Lo ammetto, IO! Perché non tu?
Tutti conoscono il personaggio di Batman, chi per una passione sfrenata nei confronti del fumetto, chi per l’esposizione mediatica che stanno avendo i supereroi in generale negli ultimi anni, e chi, come me, è innamorata del fascino oscuro e misterioso dell’uomo pipistrello.

Il capitolo della storia di Batman in cui mi sono imbattuta grazie al magico mondo di Instagram (con ritardo, estremo) è quello scritto da Alan Moore e disegnato da Brian Bolland che è stato influenzato nella visione del suo Joker, dal film muto L’uomo che ride del 1928, tratto dall’ omonimo romanzo di Victor Hugo del 1869.
Batman: the Killing Joke è stato pubblicato per la DC nel 1988 mentre in Italia è arrivato soltanto due anni dopo, nel 1990 come albo allegato al numero 76 di Corto Maltese. La fortuna di questo fumetto, diventato il più amato e citato capitolo della serie dedicata a Bruce Wayne, è senza alcun dubbio legata alla meravigliosa abilità narrativa di Moore; Batman e la sua nemesi Joker si affronteranno mostrando al lettore quanto in realtà, non siano così distanti l’uno dall’ altro.
Follia e ragione sono la stessa faccia di una medaglia ossidata dal tempo, dove il confine che separa il giusto dallo sbagliato è ormai impercettibile, come quando si osserva il mare calmo sovrastato da un cielo terso e non si riesce più a capire dove inizi uno e finisca l’altro.
Se la natura del Joker risulta nebulosa e incerta sin dai primi fumetti, in questo volume viene data una parziale delucidazione circa l’origine del villain per eccellenza grazie alla presenza di numerosi flashback in bianco e nero colorati da un singolo dettaglio: un uomo che vuole farsi strada nel mondo del cabaret ma che fallisce miseramente baciato dalla fortuna quando gli viene proposta un’opportunità per risolvere i suoi problemi ma che andrà a rotoli miseramente rendendolo il criminale senza scrupoli che tutti conosciamo.
Andiamo con ordine. La storia inizia con il Joker evaso ancora una volta dal manicomio di Arkham, che si appropria di un vecchio circo uccidendone il proprietario, lo riempie di freaks, travestito da turista attacca il commissario Gordon e la figlia sparando quest’ultima all’ addome e rapito il commissario, lo porta nel suo circo degli orrori, il tutto per dimostrare un punto: le persone sane possono perdere facilmente il senno, serve solo che vivano una sola brutta giornata.
Ma cosa significa essere sano in un mondo fuori controllo? Come si definisce in cosa consista la normalità e cosa sia fuori dall’ordinario?
Per il Joker il fatto che il mondo sia privo di senso, che ci muoviamo in esso come manichini, involucri vuoti e senza giudizio o motivazione è un dato di fatto: è così, bisogna accettarlo, non facciamo che vivere e agire in una barzelletta macabra e grottesca. Ecco il perché della frase che ho riportato ad apertura di articolo. Joker chiede a Batman quale sia il motivo che lo spinge ad ostinarsi, a non accettare una verità lapalissiana e Batman per tutta risposta dirà che quella che il Joker racconta è una cosa a lui già nota che non lo ha fatto ridere la prima volta e che non lo farà ridere adesso.
Quindi anche per Batman il mondo che difende, la sua quotidianità a Gotham, ogni sua azione è frutto di un disegno astratto senza capo né coda?
Dalle battute che i due si scambiano, traspare quanto meno questa possibilità ma c’è da sottolineare un particolare preciso, l’unico che li separa e li rende diversi seppur così simili: Joker è rassegnato, è un pazzo (?) che non vede nella vita o nella morte una sostanziale differenza, ed è per questo che uccide e non si fa scrupoli. Un folle per il quale non c’è nulla che rivesta un valore abbastanza profondo da fargli desiderare di essere diverso, nuovo rispetto a come è; Batman invece, seppur conscio della vacuità e dell’apparente inconsistenza della realtà che abita, si forza di trovare in essa un senso, si costringe con tutte le sue forze a dare un valore alle sue azioni.
Il fumetto lascia aperto un interrogativo: quale dei due atteggiamenti risulta essere il più fuori di testa?
Ma soprattutto: noi da quale lato della barricata ci poniamo?
Nicole Zoi Gatto