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La notte delle croci e delle morti di Marco Mazzucchelli e Danilo Oggionni

Quante cose potrebbero capitarvi in una sola serata? Moltissime. Questo è quanto potrebbe dirvi Brando, il protagonista de La notte delle croci e delle morti di Marco Mazzucchelli e Danilo Oggionni, edito L’Erudita.

Brando è con Luis. Sono in macchina, sono diretti ad un concerto. Nel tragitto, tra racconti strampalati, molte canne, diverse lattine di birra, i due amici si preparano alla serata che li attende. Peccato che il programma debba interrompersi per una deviazione “necessaria”, come potrebbe addurre Luis, che a Brando non andrà giù.

Quella che si presenta come una classica scappata e fuga per comprare dell’erba, si trasformerà in una rocambolesca notte all’insegna della follia.

Ma procediamo con calma. Il lettore smaliziato, già dalle prime pagine, dovrebbe aver capito che gli elementi rinchiusi in quell’auto non sono esattamente convenzionali. Luis è un fiume di parole, spesso senza senso, suscettibile all’inverosimile e poco propenso a qualsiasi scambio civile; Brando sta più sulle sue, ascolta molto e molto si assenta, per pensare chissà a che cosa. Le premesse non sono le migliori, e quando il lettore legge:

«Ma niente, facciamo una piccola deviazione, devo solo recuperare un po’ di roba per la serata».
«E quando pensavi di dirmelo?».
«Era una sorpresa amico, non ti va un po’ d’erba? Che dici, ti fa schifo?».
«Certo che no».
«E mi pareva».
«Da chi passiamo?».
«Facciamo un salto dal Toro».

già sa che andrà tutto miseramente a puttane. Non si sorprenderà, il giovane lettore imbattutosi nella mia recensione, dell’uso di turpiloqui perché per ben comprendere questo romanzo occorre adattarsi allo stile. E lo stile è questo: molte parolacce, ma tutte necessarie alla veridicità del dialogo; molto alcool, molta droga (moltissima droga), molto sesso (non per i deboli di cuore, siete avvisati), molto di tutto mischiato a tutto.

Dunque, casa del Toro: qui accadranno cose che voi umani non potete nemmeno immaginare. Paura e delirio a Las Vegas sarà solo un vago ricordo rispetto a quello che Brando e Luis vedranno e faranno. Mi piacerebbe svelare qualcosa, ma toglierei il giusto mistero ad un romanzo che va scoperto senza spoiler.

La capacità degli autori di racchiudere in meno di duecento pagine un mondo così pieno di follia e rumore è ciò che più mi ha sorpreso. Dove sembra non esserci spazio per la riflessione, perché troppo forte è ciò che sta succedendo nel presente, scattano le riflessioni più importanti, probabilmente quelle che condizionano una vita intera. E tra capre (capre? chi ha parlato di capre?), accappatoi insudiciati di sangue, tupè volanti e molto altro, il lettore capirà chi sono davvero i personaggi folli in cui si è imbattuto all’inizio del romanzo.

è come se, tutto a un tratto, prendessi coscienza della sensazione che ogni assioma della mia vita si stia rivelando falso, uno dopo l’altro, che di fatto non ci sia nulla di vero a cui aggrapparsi, che io non sia nulla, che tutto sia un’illusione, come se per tutta la vita – e con “tutta la vita” intendo anche quella che deve venire, fino alla morte, e forse che dopo – io vivessi a braccetto con la consapevolezza che tutto non sia altro che una eterna lotta con la decisione di far finta di niente, che tutto sia a posto, un solenne impegno nel concentrarsi sul presente, come se il presente – per antonomasia la cosa che ha meno durata al mondo, la cosa che non dura, il niente per eccellenza – sia durevole e permanente e tutto il resto non sia altro che una barzelletta.

La notte delle croci e delle morti è un vortice, un fiume in piena da cui bisogna farsi travolgere e del quale bisogna seguire la corrente, dovunque porti. Leggendolo sembrerà di non capire qual è il tempo e qual è il luogo.

È un libro le cui coordinate di riferimento sono andate a farsi benedire e la logica sarà diventata solo una parola priva di significato. Con questi presupposti, il lettore si troverà in una casa – quella del Toro, chiaramente – senza sapere a quale piano sottoterra si trova e cosa caspita stanno guardando quei due strampalati che sono stati addirittura eretti a protagonisti di un romanzo di letteratura. Eppure, in un no sense continuo, anche il lettore piano piano riuscirà a raccapezzarsi e a trovare il filo della matassa.

Un filo della matassa che sapientemente Mazzucchelli e Oggioni hanno lasciato in ogni pagina della loro storia e che, soltanto alla fine, acquisterà un significato. Forse.

Giovanna Nappi

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