Dalla parte di Swann
Per molto tempo sono andato a dormire presto. A volte, appena spenta la candela, i miei occhi si chiudevano così subitamente che non avevo nemmeno il tempo di dirmi: “Mi addormento” e, mezz’ora dopo, il pensiero che era tempo di cercare sonno mi svegliava.
Pochi autori sono riusciti nell’impresa di raccontare una vita con la stessa precisione e lucidità di Marcel Proust. Che siamo di fronte ad un diario di vita, ad una ricerca di senso e significato lo possiamo capire sin dalle prime battute.
Debenedetti scriverà:
Quando si legge nella prima riga del Du cóté de chez Swann: «Longtemps je me suis couché de bonne heure», si ha l’impressione che il colpo di bacchetta di un invisibile direttore di orchestra abbia smosso la cellula sonora; che propagherà la sua vibrazione indefinitamente, come un sasso lanciato dentro un’acqua calma.”
Il paragone con l’onda sonora è calzante e descrive alla perfezione il processo che Proust realizza con la sua prosa. Proprio come un’onda, gli eventi, le suggestioni esterne perturbano e mettono in moto la memoria del protagonista con movimenti involontari, inafferrabili, imprevedibili.
Viaggio nell’infanzia
Nella prima parte della lettura Marcel, protagonista, narratore e alter ego dell’autore, ci fa entrare nella sua infanzia a passi graduali. Dal momento in cui si mette a letto passiamo al ricordo del bacio della buonanotte tanto agognato e desiderato, quello della madre. Un desiderio caricato di un sentimento che trascende quasi il mero affetto figliare e che avvolge la narrazione come direbbe Citati, nel peccato.
La mia sola consolazione, quando salivo a coricarmi, era che la mamma venisse a darmi un bacio quando sarei stato a letto. Ma quel saluto durava così poco, lei scendeva così presto, che il momento in cui la sentivo salire, e l’attimo dopo in cui il fruscio leggero del suo abito da giardino in mussola azzurra dal quale pendevano piccoli nastri intrecciati di paglia, passava attraverso la porta nel corridoio, era per me un momento doloroso. Annunciava quello che l’avrebbe seguito, il momento in cui mi avrebbe lasciato, in cui sarebbe ridiscesa. Così arrivavo ad augurarmi che quel saluto che amavo tanto giungesse il più tardi possibile affinché divenisse più lungo l’intervallo di tempo durante il quale la mamma non era ancora venuta.
Un peccato che Marcel trascina per tutta la sera descritta e che alimenta con ulteriori comportamenti disdicevoli che lo caricheranno di crescente vergogna: farà consegnare alla madre un biglietto durante una cena da Françoise, la domestica, per chiedere di lei assetato di affetto, costringerà la madre a raggiungerlo una seconda volta dopo la buonanotte, per placare la sua aria sconvolta, affrontando il padre e colpendolo nella sua autorità; sa che la sua eccessiva sensibilità non è da lui accettata.
Al momento del bacio, si affianca un altro istante suggestivo, quello del ricordo per memoria involontaria.
Uno dei tentativi è quello arcinoto e forse più bello, il ricordo associato alla madeleine.
E tutt’a un tratto il ricordo è apparso davanti a me. Il sapore, era quello del pezzetto di madeleine che la domenica mattina a Combray, quando andavo a dirle buongiorno nella sua camera da letto, zia Léonie mi offriva dopo averlo intinto nel suo infuso di tè o di tiglio. La vista della piccola madeleine non m’aveva ricordato nulla prima che se ne sentisse il sapore; forse perché spesso dopo di allora ne avevo viste altre, senza mai mangiarle, sui ripiani dei pasticceri, e la loro immagine s’era staccata da quei giorni a Combray per legarsi ad altri più recenti; forse perché, di ricordi abbandonati per così lungo tempo al di fuori della memoria, niente sopravvive, tutto s’era disgregato; le forme- compresa quella della piccola conchiglia di pasticceria, così grassamente sensuale sotto la sua pieghettatura sensuale e devota- erano scomparse, oppure addormentate., avevano perduto la forza d’espansione che avrebbe permesso loro di raggiungere la coscienza.
I luoghi e i personaggi
Il ricordo di sapori e sensazioni quanto quello dei luoghi dell’infanzia acquistano, in Combray, un nuovo valore.
A Combray “mi ricordo di aver cominciato ad amare i biancospini”; descrizione di Combray che alterna momenti rivissuti nel palazzo della memoria che fanno riferimento a interni, alle dinamiche descritte in casa o in chiesa e ricordi di passeggiate con la natura come custode del ricordo.
Malgrado la silenziosa immobilità dei biancospini, quel profumo intermittente era come il mormorio della loro vita intensa di cui l’altare vibrava come una siepe campestre.
Da notare l’uso della parola intermittente: profumo intermittente come intermittenti sono i richiami alla memoria per stimoli indiretti.
La prosa densa e stratificata di Proust è sia sintomo di una complessità d’animo che di una complessità stilistica, quasi come se il viaggio nel proprio mondo interiore non possa mai essere reso con la semplicità e immediatezza del presente; più si viaggia nell’inconscio, nel sospeso, nel ricordo, più la narrazione si arricchisce e complica.
Ma in questo viaggio Marcel non è solo. Numerosi saranno i personaggi che ci farà conoscere, amare o detestare.
Il libro una volta uscito fu tacciato di snobismo perché come non vengono risparmiate considerazioni sincere e spietate sul proprio essere, così non vengono risparmiati i personaggi che ruotano attorno al pianeta Marcel. È attuata una pungente critica della società borghese del tempo, di cui tra l’altro Proust faceva parte.
Sottolineata più volte la natura burbera e trattenuta del padre, le male lingue delle zie, la crudeltà della domestica Françoise o gli attacchi rivolti a Legrandin reo di non aver salutato con il giusto atteggiamento di spirito Marcel e il padre in più di una occasione.
La natura
Come già detto, anche la natura ricopre un’importanza sostanziale. Le passeggiate a Méséglise o a Guermantes vengono decise dalla bontà del tempo: se brutto la scelta ricadeva sulla prima meta, se buono, sulla seconda.
Ed è qui che le passeggiate assumono un valore anche di crescita intellettuale.
Forse essa (la vita intellettuale) progredisce in noi insensibilmente, e da tempo preparavamo la scoperta di quelle verità che ne hanno cambiato per noi il senso e l’aspetto, che ci hanno aperto nuove vie; ma senza saperlo; ed esse non datano per noi che dal giorno, dal minuto in cui ci sono divenute visibili. (…) ma soprattutto devo pensare alla parte di Méséglise e alla parte di Guermantes come a giacimenti profondi del mio suolo mentale, come terreni resistenti sui quali ancora mi appoggio.
In questa parte sarà anche presente un momento di lesbismo tra la figlia di Vinteuil e una sua amica e un gesto che profana la memoria del padre di Mademoiselle Vinteuil che metterà per la prima volta Marcel dinanzi a una scena sessuale e sensuale che lo segnerà.
Come si è evinto dalle mie parole e dalle citazioni riportate, la prima parte del romanzo, primo passo nell’universo Ricerca, è già densa di tematiche e personaggi che verranno approfonditi nel corso degli altri tomi e che arricchiranno qualsiasi lettore.
L’uso delle parole in Proust è a mio avviso, sublime.
Simbolico, immaginifico, perfetto nella sua rotondità.
Se avete voglia di fare un viaggio nei luoghi di Proust qui trovate un link che vi rimanderà ad un sito dedicato a Marcel e che approfondisce il discorso relativo ai luoghi della sua vita.
Nicole Zoi Gatto