In occasione del centocinquantesimo anniversario dalla nascita di Luigi Pirandello, Giulio Perrone Editore pubblica Una vita senza vita, un libro che raccoglie lettere dello scrittore a partire dalle quali si sviluppa un racconto su chi è stato e cosa ha rappresentato per le generazioni future.
Il testo, a cura di Arianna Fioravanti, ripercorre la vita di un uomo che ha mostrato sin dalla giovinezza una certa irrequietezza interiore, tramutata attraverso il suo talento in opere letterarie degne di nota.
Nato il 28 giugno del 1867, Pirandello trascorre gli anni della formazione tra Palermo e Roma. Sin da subito emerge quel «nero sentimento della vita», sintomo di una disperata condizione interiore da cui diventa possibile sollevarsi soltanto grazie alla scrittura. Emerge quindi un tema ricorrente in tutta la sua vita, quello dello studio come conforto. Sebbene la situazione siciliana non sia disprezzabile, Pirandello sceglie di trasferirsi a Roma col proposito di seguire due percorsi di studio contemporaneamente. Nonostante questi intenti, però, le sue decisioni vengono posticipate con molta probabilità per l’innamoramento nei confronti di Lina.
Dall’87, a Roma, per Pirandello si alternano fasi di entusiasmo a fasi di rifiuto: l’esigenza impellente di realizzare qualcosa di concreto si scontrano con i problemi economici che rappresenteranno una costante in tutta la sua vita; a questo si aggiunge un temperamento poco facile da gestire in sede accademica, dove è tenuto a confrontarsi con «professori d’una ignoranza nauseante». Dall’epistolario giovanile, si evince un sentimento di crescita e cambiamento che si scontra però con la sua controparte negativa: le illusioni sembrano dissolversi lasciando il posto ad un desiderio – talvolta ossessivo – per la ricchezza, che deve essere raggiunta al fine di farsi una posizione.
La poesia, utilizzata inizialmente per comunicare con i familiari, rappresenta per lo scrittore una valvola di sfogo: «mediante i versi Pirandello riusciva a esprimere con più verità la vita che gli palpitava nelle cavità interiori». La prosa è invece trascurata, in favore del teatro, grande amore di Pirandello.
Sempre accompagnato dai fantasmi della mia mente, persona che si agitano in un centro d’azione, uomini e donne da drama e da comedia, che vorrebbero d’un subito saltare su un palcoscenico.
Il teatro apre per lui duplici scenari, in cui vita reale e finzione scambiano continuamente.
Dopo la parentesi di Bonn, in cui si fa sempre più concreta la situazione economica disastrosa e la consapevolezza che l’arte non sia redditizia, con il ritorno a Roma per Pirandello le cose cambiano. Un nome solo: Antonietta.
Gli anni della svolta giungono con il nuovo secolo. Si assiste ad un cambiamento esistenziale e artistico: sono questi gli anni dei primi segni della patologia nervosa di Antonietta, del disastro nella miniera di zolfo, ma sono anche gli anni della prima stesura del Fu Mattia Pascal e della collaborazione col Corriere della Sera.
La vita di Pirandello è stata eccezionale, come si legge dai carteggi, ma l’autore non riuscì mai a godere a pieno dei suoi successi. Se da una parte raggiunge discreti riconoscimenti grazie al teatro dialettale, dall’altra deve affrontare il dramma di un figlio prigioniero e di una moglie pazza.
Quando abbandona il dialetto per un teatro italiano – ricordiamo a questo proposito Così è se vi pare – Pirandello «rende in maniera esemplare il racconto, la parabola della condizione umana di fronte al concetto di verità». Anche successivamente, col grande successo di opere come Sei personaggi in cerca d’autore e l’Enrico IV, Pirandello non viene mai ripagato della grande sofferenza personale. A partire dal 1924, per lo scrittore si apre lo scenario internazionale, l’epoca delle grandi tournée, finalmente la sua fama è tale da permettergli una certa agiatezza economica (di cui non godrà mai a pieno per l’incapacità di gestire il denaro). Ma ancora una volta nuova sofferenza è destinata a scuoterlo: a partire da questo momento della sua vita, per Pirandello ci sarà solo Marta Abba, attrice che rappresenterà per lui un amore insoddisfatto e mai ricambiato.
Negli ultimi anni della sua vita per Pirandello molte sono le delusioni: il fallimento dell’idea promossa dal Duce di una compagnia teatrale di Stato sotto la sua direzione artistica solleva un problema più ampio. Il teatro ha dei problemi che non possono essere risolti. A questo va a sommarsi la delusione nei confronti di un potere politico che avrebbe tarpato le ali degli artisti.
A soli due anni dalla sua morte, nel 1934 Pirandello riceve il Premio Nobel per la Letteratura, a testimonianza di un successo che egli non seppe godere a pieno ma che l’avrebbe reso immortale.
Questo libro ha avuto la capacità di mettere a nudo un’icona del mondo letterario, svelando il lato umano aldilà di quello artistico. La lettura, non sempre agevole, è arricchita da particolari quotidiani legati alle vicende di quest’uomo di cui sarebbe difficile entrare in possesso diversamente. Pirandello è e sarà sempre un baluardo della nostra cultura, e la possibilità di essere in qualche modo “avvicinata” alla sua persona è stato un privilegio.
Giovanna Nappi