Perché i poeti pensano
di poter cambiare il mondo
L’unica vita che posso salvare
È la mia.
Nella descrizione ironica, a tratti anche drammatica dell’uomo, delle sue debolezze, dei suoi turbamenti e della sua intrinseca fragilità emotiva, Sherman Alexie in Danze di guerra, pubblicato in Italia grazie a NN editore e tradotto da Laura Gazzarrini, ci offre uno spaccato dell’America del pregiudizio, dell’America dei nativi raccontati attraverso stereotipi sì, ma resi unici grazie ai numerosi difetti che li caratterizzano. Le tematiche affrontate in maniere estremamente originale, attraverso l’utilizzo di poesie e racconti, con uno stile poetico e sagace, sono molteplici: dalla malattia alla morte, dalla diversità razziale al rapporto padre-figlio ( a questo proposito consiglio il racconto “Il figlio del senatore”, così se siete indecisi se comprare o meno questo libro, andate in libreria, sfogliate le prime pagine fino a giungere al sopracitato passo e non avrete più alcun dubbio sul da farsi).
Mio padre aveva sempre creduto nella verità, e nelle vaste e reali differenze fra il bene e il male. Ma mi aveva anche insegnato, come aveva imparato a sua volta, che ogni uomo è fragile e imperfetto come tutti gli altri.
Proprio come una danza incessante, a volte dinoccolata come in preda ad un raptus di vivacità, altre più lenta, che rimanda al ballo fra una coppia di amanti che in quel preciso momento vogliono solo sentirsi vicini, Alexie ci conduce per mano nel mondo fatto di rimpianti, incertezze, rimorsi e paure di uomini comuni. Il mondo di uomini che possono aver commesso un errore uccidendo un ragazzo che cercava di derubarli nella propria casa, che hanno picchiato un amico perché gay, che ricordano con affetto e tristezza il padre morto alcolizzato… La parabola non è altro che quella dell’uomo moderno, dilaniato dalla vita frenetica, ingiusta, provante, sempre alla ricerca di certezze e conferme che, troppo spesso, non arrivano o non sono di sollievo. I protagonisti sono costantemente chiamati a fare i conti con la loro stessa natura di esseri umani e cioè con le loro continue ansie, al fine di trovare un compromesso, un punto di incontro fra l’anima e la ragione, la voglia di arrendersi e di lasciar perdere e quella di rivincita sociale e personale. Ma si sa, l’uomo per sua stessa definizione, è colui il quale riesce ad essere cosciente e responsabile dei propri atti e proprio per questo la rassegnazione e la pace interiore pare così difficile da raggiungere.Come può chi ha sbagliato e ne è consapevole, affrontare la vita e il futuro con leggerezza e spensieratezza? La coscienza è allo stesso tempo condanna e benedizione e in questa dualità il lettore si troverà a doversi costantemente barcamenare, fra storie ogni volta diverse ma anche così simili. Quindi non resta che prendere atto che
Il dolore non si aggiunge mai ad altro dolore. Si moltiplica.
Nicole Zoi Gatto