Quando pensiamo a George Saunders sappiamo benissimo che ci stiamo riferendo a un autore estremamente originale, che infarcisce la sua prosa di ironia, sarcasmo e un pizzico di grottesco – che non guasta mai – e di certo se scrive una breve favola per adulti, siamo coscienti del fatto che avremo davanti qualcosa di poco prevedibile.
Nel suo Volpe 8 la protagonista è appunto una volpe che si rivolge al lettore direttamente, in un apologo sotto forma di lunga lettera scritta nella lingua degli umani imparata, ascoltando furtivamente, da una finestra, le storie della buonanotte raccontate da una mamma ai suoi bambini.
Il linguaggio con il quale avremo a che fare in queste 52 pagine illustrate con delicatezza da Chelsea Cardinal, è quello dello slang, del quotidiano e soprattutto, è un linguaggio ricco di errori (complimenti alla traduttrice Cristiana Mennella che ha fatto un lavoro impeccabile) perché, alla fine, come dice l’animale stesso “sono una volpe! Cuindi non scrivo propio perfetto”.
Ma perché un animale dovrebbe sentire il bisogno di scrivere agli umani?
Presto detto. La giovane volpe è animata da ideali e desideri puri, incontaminati dalla depravazione e dalle brutture del mondo, ma presto, dopo aver conosciuto meglio e realmente il mondo degli uomini che tanto apprezzava e osservava da lontano, ha deciso di dover lanciare un messaggio che io riassumerei così: voi umani vi credete tanto superiori a noi povere volpi, ma con la vostra smania di crescere e costruire, avete perso contatti con la natura e il mondo colorato che vi circonda.
Sì, perché la giovane Volpe 8 vive in branco, un branco che si vede pian piano portar via quella che è la sua casa, inutile agli occhi del capitalismo moderno, che verrà rasa al suolo per permettere la costruzione di un centro commerciale.
E sarà proprio nei pressi di questo mastodontico emblema della società consumistica contemporanea che il giovane animale dall’animo sognatore, avrà un brutto risveglio: un suo compagno e amico, Volpe 7, verrà picchiato, seviziato e ucciso da alcuni operai per puro divertimento.
E allora cosa importa se gli umani sanno scrivere e parlare bene, sanno costruire grandi opere architettoniche se non sanno più quale sia il valore della vita, qualsiasi vita?
Sono temi molto attuali; il rispetto per il prossimo, i diritti dei più deboli, le politiche amministrative per niente ecofriendly, tutti questi macroargomenti trovano spazio nella favola che Saunders ha creato. Oggi viviamo in un mondo animato dall’avidità, dal superfluo, dall’opulenza. I nostri occhi postmoderni non sono più in grado di cogliere la bellezza che risiede in un parco animato da volpi dal manto di un “profondo rosso”.
Un lettore impreparato alla penna di Saunders avrebbe potuto considerare questo fascicoletto ennesima favola con morale, ma alla fine, con sorpresa, dovrà riflette sulla sua stessa natura, su come si rapporta al mondo e su quello che, nel suo piccolo, potrebbe fare per renderlo un posto migliore.
Forse dopo la riflessione, tirando le somme, ognuno di noi si ritroverà disilluso come la volpe, forse tutti arriveremo alla stessa sua conclusione “se volete le Storie allieto fine, provate a essere più gientili” o forse penseremo che la natura umana è questa, crudele per definizione, senza possibilità di cambiamento.
Ma io dopo Volpe 8 non sono poi così sicura che il pessimismo e l’atteggiamento rassegnato siano la soluzione.
Citando un discorso che lo stesso autore ha fatto davanti ai neolaureati dell’università di Syracuse (che vi invito a leggere per intero):
«C’è un equivoco, in ciascuno di noi, anzi, una malattia: l’egoismo. Ma esiste anche una cura. […] Scoprite cosa vi rende più gentili, cosa vi libera e fa emergere la versione più affettuosa, generosa e impavida di voi stessi – e cercatelo come se non ci fosse niente di più importante. Perché, in effetti, non c’è niente di più importante».
Nicole Zoi Gatto