Tutto era differente, prima, perfino il cielo. Quand’è che anche le libertà più semplici ci sono state tolte? Come facciamo a sopportare questo silenzio interminabile?
Lusine è l’operatrice H478. Il suo incarico è quello di sorvegliare il soggetto-23.017, una donna di nero vestita. Maria N si aggira per le strade di una città che ha perso gran parte delle sue connotazioni tradizionali con un’immagine che porta sempre al petto, l’immagine di suo figlio, di cui ha perso ogni traccia.
Di ferro e d’acciaio di Laura Pariani è il primo romanzo che apre la collana CroceVia di NN Editore, che – come leggiamo nell’aletta – “è una serie di libri attorno al senso e al significato di alcune parole fondamentali nella nostra cultura e nella nostra storia. Sono parole antiche, che usiamo tutti i giorni, e che cerchiamo di addomesticare disabitandole di una parte del loro significato, che continua a riverberare come un’eco sommessa. A Laura Pariani abbiamo affidato la parola Passione“.
Ed è di passione che parla questo romanzo, la passione quasi carnale e viscerale che lega una madre a suo figlio, che la spinge a cercare risposte che nessuno è disposto a darle. È ostinazione a sfidare le regole imposte dall’alto, in un mondo che non ha più nulla di accogliente, che respinge il pensiero e le riflessioni personali in favore di ciò che deve esser fatto, di un senso del dovere calato sulla testa degli individui come una mannaia pronta ad essere usata.
Assieme a Lusine, assistiamo a questo disperato viaggio alla ricerca di Jesus, un ragazzo che ha osato opporsi al sistema e che per questo è stato punito. Ogni capitolo è scandito da un luogo o da una persona che hanno assistito alla triste vicenda di questa donna, che ha incontrato indifferenza (nel migliore dei casi) o addirittura disprezzo soltanto per aver tentato in ogni modo di ritrovare suo figlio.
Da contorno, una città divisa in zone, barriere che non possono essere superate e che stabiliscono cosa è e cosa non è consentito fare. Le notizie sono distorte, i giustiziati vengono condotti alla morte nella Caserma del Teschio, le persone anziane lasciate a marcire alla Torre del Tramonto Sereno. Per non soccombere alla realtà, gli individui sono assuefatti da pillole che agiscono sospendendo il pensiero e i ricordi. I tempòribus sono ormai finiti, la Storia è andata avanti e detta le sue regole spietate.
Ma Lusine non può non lasciarsi condizionare da Maria N, non può rimanere illesa. Neanche il lettore può. L’intero romanzo è pervaso da un senso di claustrofobia, incastrando chiunque si sia imbattuto in questa vicenda a volersi sottrarre al giogo del potere. Laura Pariani impregna ogni cosa di questo sapore amaro di ferro e d’acciaio, le parole, i volti, le strade. E l’unica via possibile per non soccombere è lasciar entrare la Speranza, lasciare uno spazio piccolissimo da cui possa entrare.
Giovanna Nappi