Ho concluso da poco la lettura del piccolo “Memoria delle mie puttane tristi” di Gabriel Garcia Marquez e vorrei farvi sapere che ne penso. Innanzitutto più che un vero e proprio romanzo, credo sia meglio definirlo un memoriale, un racconto breve delle memorie del protagonista, della sua vita e dei perché delle sue scelte. Il percorso da lui compiuto lo porta a provare il forte amore per una piccola donna. Una ragazza che diventa un emblema di purezza, di vitalità, di riscoperta. Si può avere 90 anni per amare? Cosa si prova a quell’età? E poi, è davvero “un’età”? Chi siamo rimane sempre in noi, nella nostra essenza. E’ il corpo ad invecchiare, a maturare, a cambiare, ma qualcosa in noi c’è ed è sempre acceso. L’idea che abbiamo della vecchiaia è ormai così lontana dalla normalità, secondo me, da renderci interdetti alla presenza di una trama che concentra così tanto amore in un uomo ormai vissuto. Ma è proprio il suo punto di vista a riempire il cuore.
Ho avuto la possibilità di ascoltare diversi pareri riguardo questo libro, molti lo hanno trovato simile a Lolita ma più scarso, altri non hanno capito a pieno quale fosse l’intento dell’autore. Ma credo che fosse proprio quello di analizzare una condizione, un’età, e il suo modo di vedere il mondo, soprattutto di vivere l’amore, dimostrando che è sempre come la prima volta. Marquez era un grande. Nei temi, nello stile, nella prosa.