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Nero, il gatto di Parigi di Osvaldo Soriano

Nero, il gatto di Parigi è una storia di complicità silenziosa, quella che si trasmette con uno sguardo, una sensazione, una vibrazione. Nero è la storia di un gatto e di un bambino, di un legame nato per compensare una profonda solitudine e malinconia tra due diversità che hanno unito le loro distanze.
Un racconto autobiografico per bambini, nato dalla penna di Osvaldo Soriano nel 1989 e riportato in Italia da LiberAria editrice, traduzione di Ilde Carmignani.

Un bambino sradicato dalla propria terra, l’Argentina, proprio come lo fu Soriano dal 1976 al 1984, costretto ad abbandonare la sua patria per il colpo di stato di Videla. Un amore eterno per la propria casa e per i gatti che ritorna tra le pagine di questa favola senza tempo, figlia dell’immaginazione.
Uno sguardo nostalgico alle vie di Buenos Aires, ai suoi colori, odori e magie attraverso gli occhi dell’innocenza, della purezza di un bambino straniero in terra straniera.

Nero, il gatto di Parigi è un’avventura tra due grandi amici, un bambino ed un gatto randagio, il cui legame viscerale li porterà a superare i confini della distanza e a cavalcare l’onda dell’immaginazione per creare un ponte tra la Francia e l’Argentina. Il confine del mondo reale si perde fra il linguaggio e il gioco di fantasia di Soriano.

Una favola per addentrarsi in un mondo fra l’Europa e l’America, la realtà e il sogno. Un libro non solo per bambini ma anche per adulti, perché alla fine tutti ci siamo sentiti randagi e lontani dalle nostre radici, dai nostri desideri, dai nostri sogni e abbiamo viaggiato per riprenderceli, bramarli ancora, viverli.

Di sfondo una famiglia esule, sfuggita a un governo ostile, per salvare soprattutto il proprio figlio e preservare la sua infanzia. Per farlo crescere in un luogo di libertà, dove si respiri e si possa imparare, conoscere.

E allora Nero e il nostro piccolo protagonista se la prendono questa libertà, se la mangiano e si lasciano andare, girovagando per una Parigi un po’ snob, scintillante e malinconica.

Osvaldo Soriano grazie ad un gatto nero (“I gatti hanno un linguaggio che capisce solo chi accetta il mistero.”) riesce raccontarci della storia di un ragazzino solo, della sua famiglia, di due città opposte, di un regime, di oppressione, tristezza, amore e solitudine. Di spaesamento e di riconquista del sé.  

Un viaggio per rompere le distanze e riprendersi ciò che manca, per affrontare il mondo e guardarlo a testa (o muso) alta. Per imparare anche a sognare e a vivere nonostante le difficoltà, “cadendo sempre in piedi dentro abissi di luce e d’ombra”.
Un viaggio magico per inseguire i propri desideri e il proprio cuore, a cui invito tutti a partecipare per lasciarvi catturare da Nero e dai suoi occhi rotondi e lasciarvi guidare dall’immaginazione verso i vostri sogni.

“Una di quelle sere, Nero si sdraiò al mio fianco, unì le zampette anteriori sotto il muso, si lisciò indietro i baffi e battendo gli occhi mi disse che c’era un modo per guardare di là dal mare, per vedere il mio paese e pregustarlo prima di tornarci definitivamente.”

Ilaria Amoruso

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