Pensando alla figura di Marcel Proust (10 luglio 1871-18 novembre 1922) ritornano subito in mente i ricordi delle lezioni di letteratura seguite al liceo: le madeleine, l’importanza della memoria, brani della sua Ricerca letti con difficoltà per la complessità della struttura e, soprattutto, per la acerba capacità di cogliere il lavoro da lui svolto tanto rivoluzionario quanto impegnativo.
Ecco perché non mi sono sorpresa di notare quanto poco la sua opera sia letta e studiata e amata, oggi.
In un periodo storico nel quale l’immediatezza la fa da padrona e la lettura di testi articolati, che non possono essere assimilati velocemente quanto un tweet, sono appannaggio di pochi, ho sentito la necessità di mettermi alla prova.
Questo progetto di lettura condivisa de “Alla ricerca del tempo perduto” partirà il 2 marzo e durerà per tutto l’anno e, se necessario, andrà anche oltre.
Perché non ho fretta, perché voglio assaporare ogni pagina, perché voglio tornare sulle pagine lette, rileggendole ancora, per non perdermi nulla.
In questo articolo voglio raccontarvi i motivi che mi hanno spinta a prendere in mano i sette tomi della Ricerca dopo anni di “adesso forse lo leggo” e “non è il momento giusto”.
Alla ricerca del tempo perduto – genesi e struttura
La prima opera pubblicata da Proust è stata I piaceri e i giorni del 1896 mentre il primo volume della Ricerca, Dalla parte di Swann, è del 1913.
18 anni di silenzio.
Ma a cosa è dovuto questo lungo periodo di inattività (interrotto solo da traduzioni di Ruskin)?
Non furono anni improduttivi, anzi. I vari tentativi di composizione, di prove, di scartafacci, di quaderni pieni di appunti e progetti, ritrovati e pubblicati dopo la sua morte, sono la prova di quanto partorire un’opera sì ramificata fosse vitale per Marcel e dovesse essere perfettamente realizzata.
Possiamo quindi seguire il travaglio dell’opera analizzando anche ciò che ha scritto in precedenza, leggendolo sotto una nuova luce, in prospettiva Ricerca.
Prima bozza
Jean Santeuil (1895-1899) è il romanzo rimasto incompleto che traccia le fondamenta per la stesura della Ricerca.
In questo libro compaiono i temi centrali dell’opera successiva (l’amore, la gelosia, l’omosessualità, le memorie d’infanzia, la vocazione per la letteratura) restando però un passo indietro.
Quello che la differenzia dal suo lavoro in sette atti è innanzitutto un’espediente narrativo, l’uso della terza persona che nella Ricerca diventa prima, fondendo narratore, autore e protagonista in un tutt’uno maturo e perfetto.
Inoltre, la sfera autobiografica è nel Santeuil preponderante. I personaggi sono facilmente riconducibili a personalità della vita di Proust che nella Ricerca saranno smembrati, i cui tratti caratteristici saranno ravvisabili in più figure, rendendo pressoché impossibile dire con certezza chi è chi.
L’influenza di Ruskin e il Contro Sainte-Beuve
1897, Proust legge un saggio di Robert de la Sizeranne Ruskin e la religione della bellezza che lo influenzerà enormemente.
Da Ruskin mutua alcune idee che diverranno fondamentali per la sua dottrina estetica. Una tra queste è quella che individua come compito principale dello scrittore non quello di immaginare, ma di percepire. Da lui però, si allontanerà criticandone l’atteggiamento di ricerca di bellezza negli oggetti dell’arte più che nella percezione di essi.
Nel Contro Sainte-Beuve invece, scritto tra 1907 e 1908 contro il metodo del critico letterario di metà Ottocento, è presente il tema centrale della Ricerca, quello del Tempo e i relativi metodi da adoperare per combatterne gli effetti negativi.
Per riportare alla mente dei ricordi passati non c’è per forza bisogno di un atto di memoria volontario; un evento può ripresentarsi vivido ai nostri occhi attraverso una percezione attuale, come un sapore, un odore…
Il celeberrimo esempio della madeleine inzuppata in una tazza di tè è presente già nel Sainte-Beuve.
Lenta agonia – la stesura definitiva
Gli scritti precedenti sono stati per Proust una rivelazione; gli hanno fatto comprendere che l’opera da lui immaginata finalmente prendeva forma.
È da questo momento in poi che la stesura della Ricerca consumerà lentamente, ogni istante della sua vita.
Siamo nel 1909, Proust tappezza la sua stanza di sughero per auto isolarsi evitando ogni sollecitazione esterna.
Passa le notti a scrivere febbrilmente e la mattina a riposarsi, fra malattia e rare uscite.
Non lascia il letto quasi mai.
Questo non gli vieterà di scrivere pagine su pagine, correggere le bozze del suo lavoro e cercare un editore che voglia pubblicarlo, pubblicizzando ciò che ha scritto preso da una voglia di rivalsa e di celebrazione in grado di spazzare via anni di insoddisfazione e sofferenza.
“La sola vita realmente vissuta è la letteratura” dirà.
Ogni passo della sua opera ne contiene il seguito, è un’opera letteraria in continuo divenire, tant’è che lui stesso scriverà come il primo capitolo del primo libro sia stato scritto assieme all’ultimo capitolo dell’ultimo libro.
Tutto il resto, quello che vive nel mezzo, viene dopo.
È un romanzo ciclico perfettamente orchestrato.
L’intento di Marcel di sconfiggere il tempo per riappropriarsi del passato, si realizza nell’ultimo tomo, concludendo un viaggio ideale che ha come risultato la stesura dell’opera stessa.
La motivazione regina per approcciarsi alla Ricerca risiede, secondo me, in queste poche parole spese da Ungaretti ne “L’Azione” in seguito all’attribuzione del Premio Goncourt a Proust per A l’ombre des jeunes filles en fleurs:
“Ma in questo stile che ha l’aria di nulla, in questo stile placido, in questo stile zeppo di congiunzioni, di parentesi, di pronomi relativi e di parole alle quali è stato tolto ogni lucido, in questo stile che riferisce, che s’ostina a riferire, v’accorgete che, insensibilmente, delle figure hanno preso vita, sono vive, vive, colte nel fondo dell’anima; e quando avete finito il libro, una intera società, un intero popolo, un mondo intero v’è stato animato, indimenticabilmente.”
Successione dei volumi
1) Dalla parte di Swann, rifiutato da varie case editrici e pubblicato da Bernard Grasset, a spese dell’autore, il 14 novembre 1913;
2) All’ombra delle fanciulle in fiore, ampliato durante la guerra con nuovi appunti e pubblicato dalla N.R.F. nel 1919 e vincitore del Premio Goncourt;
3) Guermantes, 1920;
4) Sodoma e Gomorra, 1921-1922;
5) La prigioniera, 1923;
6) La fuggitiva, 1925;
7) Il tempo ritrovato, 1927.
Spero che questo articolo vi abbia convinti e che, nonostante la complessità intrinseca nell’opera, riserviate alla lettura di Proust tutta la vostra determinazione.
N.B. L’edizione che leggerò è quella della BUR tradotta da Maria Teresa Nessi Somaini. Le informazioni che ho riportato nel brano sono frutto della lettura della premessa al testo di Giovanni Bogliolo. Per approfondire vi consiglio di guardar questo video presente sul sito di Rai cultura: Marcel Proust: nevrosi e poesia.
Qui potete visionare un video nel quale viene mostrato un taccuino nel quale Proust annotò appunti, idee e note per la stesura della sua opera.
Nicole Zoi Gatto