Un dilemma esistenziale: restare fedeli a se stessi e cedere alla tentazione o rispettare i principi di fedeltà nei confronti del proprio partner? E’ con questa domanda che si apre Fedeltà di Marco Missiroli.
Candidato al Premio Strega 2019, tra i cinque finalisti di quest’anno, recentemente premiato dagli adolescenti che compongono la giuria del Premio Strega Giovani, Fedeltà è un romanzo controverso sotto molteplici punti di vista. Innanzitutto, è stato accompagnato – in fase di pre-pubblicazione – da un’eco non indifferente, dovuta soprattutto all’assenza dell’autore dalle scene per diversi anni dopo il tanto amato Atti osceni in luogo privato. Con l’annuncio del suo ritorno e del passaggio ad Einaudi, è andato sviluppandosi un certo feticismo rispetto a ciò che avremmo letto.
Ma ci sono delle dovute differenze tra questa pubblicazione e la precedente. Innanzitutto, Fedeltà è un romanzo corale, che si stacca con forza dall’eroica caratterizzazione di Libero, protagonista perfetto del libro edito Feltrinelli. Qui al centro troviamo una giovane coppia sposata, alle prese con una serie di problematiche interne alla coppia ed esterne ad essa. Da un lato Margherita fa i conti con episodi poco chiari della vita di suo marito che l’hanno provata e messa in uno stato perenne di allarme rispetto alle mosse che potrebbe fare (mi sta tradendo ancora? cosa è successo davvero con quella studentessa?); inoltre, conserva come un feticcio il desiderio di una casa che dovrebbe consacrare il proprio matrimonio a quella stabilità che adesso sembra irraggiungibile.
Dall’altra parte, Carlo combatte con una precarietà lavorativa che si è estesa alla sua vita privata. Procede con collaborazioni saltuarie in attesa di sistemare la propria carriera – ma gli anni passano per tutti, anche per lui, e si lascia coinvolgere in situazioni compromettenti. L’episodio cardine del romanzo, da cui si sviluppano conseguentemente le trame di tutti gli altri, è quella che l’ha visto coinvolto con una studentessa dell’università dove insegna. Non sarà difficile immaginare cosa sia successo. O meglio, cosa Carlo avrebbe voluto accadesse.
Con questa trama, Fedeltà si presenta al lettore senza grandi pretese. Non è la prima volta che si pone al centro il tradimento e la sua plausibilità, la sua giustificazione. Quel che fa Missiroli è renderlo una sorta di condizione perenne: non solo Carlo, ma anche Margherita, anche Sofia (l’altra), anche Anna (madre di Margherita) accarezzano dolcemente la possibilità di interrompere il voto di fedeltà a favore della libertà di essere e di agire.
All’inizio questo racconto a più voci disorienta, è un tantino confusionario. Poi però tutto ritrova il suo posto, la confusione lascia spazio ad un equilibrio nella trama che sa gestire i tanti personaggi della storia. Però, c’è sempre un però. Missiroli, da sempre gran maestro nelle descrizioni caratteriali, in Fedeltà non si sbottona, non svela mai abbastanza, usa toni sommessi, uno stile non incisivo, perché incisivi non sono i suoi protagonisti. Sono spesso scialbi, non hanno il coraggio di portare avanti le proprie azioni, sono rinunciatari col rimorso perenne, e questo scalfisce un romanzo che avrebbe potuto puntare a risultati migliori.
Il responso finale è poco convincente, seppure con alcuni momenti di grande intensità in cui pare fare capolino il Missiroli d’un tempo.
Giovanna Nappi