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L’occhio del pettirosso di Giuliana Altamura

L’eccesso di intelligenza sgretola le montagne. Respingi il sapere e il mondo ritroverà l’ordine.

Errico Baroni, fisico ricercatore del CERN e sviluppatore del computer quantistico Sig-Flow 3000, riesce ad ottenere un colloquio con Egon Meister, un uomo in grado di vedere passato, presente e futuro e di accedere a una visione della realtà oltre il tempo, una visione quantica. Meister sconvolge Errico che è già in crisi per i limiti dei suoi studi, portandolo a lasciare il lavoro per qualche giorno.

Errico è insoddisfatto. Il quanto lo ha imbrigliato nella sua incessante produzione e lo ha incatenato, soffocandolo. Errico è alla ricerca di sé, ha perso la bussola che possa riportarlo a sentirsi Uno. È diviso in particelle che continuano a scomporsi e a migrare nel vuoto che lo attraversa. Errico si sta sgretolando e sta scappando dal suo passato e dal dolore.

Giuliana Altamura (Credits: Globalist.it)

Giuliana Altamura racconta ne L’occhio del pettirosso, edito Mondadori, l’annichilimento di un uomo che tenta di ritrovare un senso alla sua vita e di riparare una ferita che ha squarciato la sua anima.

Per comprendere ciò che non va in lui, nel suo lavoro e nel rapporto con sua moglie, Errico, come dice lo stesso Meister, dovrà scendere negli Inferi del suo dolore, trovarne la radice ed estirparla.

Ora che ci penso, tutto ciò che riguardava mio padre era sempre ruotato attorno al concetto di fatica, e già da allora cominciavo a formarmi sull’idea gravosa che ogni risultato fosse ottenibile solo attraverso la sofferenza.

Errico ha vissuto la sua infanzia cercando di afferrare suo padre, di capire come avvicinarlo, come farsi accettare. Amarlo, odiarlo, conoscerlo è diventata una fatica, un peso gravoso che lo ha reclamato sempre di più nell’oblio. Errico si è quindi chiuso in se stesso. Perché è quello che facciamo tutti quando la sofferenza è troppo grande, quando non riusciamo ad affrontarla. Spegniamo i sentimenti, li releghiamo in fondo alla nostra mente, dimentichiamo per salvaguardarci e ci dedichiamo anima e corpo a qualcosa che ci affascina e ci possa distrarre, così come fa Errico con i quanti. Giuliana Altamura ripercorre con lucida analisi tutte le fasi del trauma di Errico, ci accompagna nella sua espiazione e risoluzione, ci mostra una via per sconfiggere il mostro che lo attanaglia, un mostro che attanaglia ciascuno di noi.

La stanza era piena di tele accatastate l’una contro l’altra e si sentiva un forte odore di colore a olio, lo stesso che mio padre si portava addosso tutto il giorno, ma più intenso, più brutale. Quell’odore mi chiudeva la gola, mi dava un senso di soffocamento. […] Avrebbe detto, e ha ragione, che è tutta colpa mia, che io rovino ogni cosa – il suo lavoro, la sua vita. Che l’odore del mio piscio, da quando ero nato, aveva compromesso tutta la sua esistenza.

Errico sopravvive scappando. Fugge dal dolore, dalla sua accettazione, da suo padre, dal trauma. E lo fa trascurando ciò che ama veramente, Greta. Scrittrice ribelle, passionale, Greta è l’opposto di Errico, usa la poesia per incanalare la sofferenza e gettarla via. Nello chalet dove si trasferiscono, Errico abbandona Greta a se stessa, la punisce, si rifiuta di affrontarla. Greta, a sua volta, impara a combattere i suoi demoni, a ricacciare la disperazione. Giuliana Altamura ci racconta il viaggio interiore di due personaggi che falliscono, si rialzano, evolvono.

In montagna Errico incontra Jinrou, l’occhio del pettirosso, che diviene la sua bussola, la sua guida per ritrovare la strada che ha perduto. Jinrou così immersa nel mistero, quasi inconsapevole di sé e della sua potenza. Errico si aggrappa a lei, ai suoi occhi, alla prospettiva di poter ridare un senso alle sue ricerche.

In qualche modo eccezionale, pensai, aveva la capacità di restare sempre intera, l’incarnazione di quegli insiemi matematici che si comprendono al proprio interno e che per questo sono sempre superiori a sé. […] La sua passività sembrava frutto di non curanza più che di obbedienza e questo non mi consentiva di esercitare su di lei alcun potere reale. […] A Jinrou non importava nulla di me e, forse, nemmeno di sé.

Jinrou lo travolge e lo sconvolge, rappresenta l’ultimo appiglio prima della resa, prima della caduta. Perché ciò che c’è dentro di noi non può essere ignorato a lungo, verrà sempre a galla. Errico non può continuare ancora a celare i suoi demoni. Giuliana Altamura riesce ad affascinare il lettore con una storia originale di crescita e redenzione, e allo stesso tempo a scavare nel nostro animo, portandoci a riflettere su ciò che ci lasciamo alle spalle, sui traumi incompiuti. Con una scrittura concisa e ritmica, pregna di un linguaggio ricercato e diretto, riesce a guidare il lettore tra scienza, amore e quanti. E a portare la sua ricerca a un livello interiore profondo, stratificando i suoi personaggi, le loro emozioni, il loro dolore. Strato dopo strato lì sino alla loro essenza ultima. Errico con la sua accettazione di sé e la storia con suo padre, Greta più consapevole di se stessa, della sua scrittura e della sua storia d’amore, Jinrou forse più libera e allo stesso tempo ancor più imbrigliata da suo marito Ruben, come un uccello in gabbia. Un bellissimo e magico pettirosso incagliato nelle grinfie di un predatore.

Jinrou diventa l’oggetto magico di Errico, colei che riesce a donargli una strada, a liberarlo, a farlo migrare. Meister è invece il tramite che ci accompagna all’inizio e alla fine del racconto, un mentore estraneo che col suo occhio onnisciente osserva le fila della storia mescolarsi, come la stessa Altamura che muove i suoi personaggi dall’alto.

Giuliana Altamura ci insegna che se non ci liberiamo dai nostri traumi, non saremo mai completi, vivremo sempre a metà, continuando a scappare e a sopravvivere invece che vivere e sentire. Per quanto sia doloroso è necessario elaborare il trauma per poterlo lasciar andare e imparare ad amarsi veramente.

Un giorno forse lo capirai che curare gli altri è l’unico modo che abbiamo per non ammalare noi stessi.

La vita non è solo controllo, ma anche imprevedibilità, e Giuliana Altamura ce lo dimostra pagina dopo pagina, parola dopo parola, costruendo un romanzo complesso, contemporaneo, psicoanalitico. Un racconto ossessivo sulla comprensione di sé e del mondo, sulla continua ed estenuante ricerca dell’essere umano di un senso ultimo della vita. Un’analisi attenta, dolorosa, graffiante del trauma, della morte, della vita. La risoluzione dell’irrisolto, la comprensione dell’amore.

Ilaria Amoruso

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